Nella schizofrenia è alterata la regolazione del flusso ematico cerebrale

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 28 gennaio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Fino a qualche decennio fa, considerare la schizofrenia e in generale i disturbi mentali quali malattie del cervello, poneva in cattiva luce presso la parte più colta e sofisticata della comunità psichiatrica, che facilmente affibbiava patenti di “organicismo retrogrado” a coloro che si temeva volessero ignorare quella dimensione psicopatologica, umana e sociale della sofferenza psichica che ha ispirato la maggior parte della cultura psichiatrica dell’ultimo secolo, per rivolgersi esclusivamente alle alterazioni biologiche quali oggetto di un intervento medico disumanizzato.

Oggi è chiaro che qualunque concezione si abbia della psichiatria non si possono più ignorare i progressi nella conoscenza dei correlati neurobiologici e cerebrali dei disturbi mentali, sia quelli con un evidente ruolo eziopatogenetico, sia quelli che entrano a far parte di una fisiopatologia conseguente ad elaborazioni di vissuti ed esperienze in grado di alterare o rompere equilibri neurofunzionali o psicoadattativi.

Dopo 40 anni di dominio dell’ipotesi dopaminergica della schizofrenia, si è compreso che tutti i principali sistemi neurotrasmissivi del cervello sono implicati nella genesi della psicopatologia, e molti studi sono stati condotti, ad esempio, sul contributo dell’ipofunzione dei recettori NMDA del glutammato all’endofenotipo della schizofrenia, sulle alterazioni delle subunità dei recettori del GABA negli psicotici, sulle anomalie molecolari del sistema colinergico e sulla riduzione di molecole di trasduzione del segnale intracellulare. Ma, più di recente, l’interesse prevalente di molti gruppi di ricerca che indagano le basi neurobiologiche dei disturbi schizofrenici è stato diretto verso il ruolo della glia e verso i deficit di proteine di fondamentale importanza per strutture e funzioni dei neuroni cerebrali.

A questo vasto orizzonte di ricerca si è recentemente aggiunta una traccia sperimentale suggerita da osservazioni cliniche ed epidemiologiche che si possono così sintetizzare: le persone affette da schizofrenia presentano un più elevato rischio di malattie cardiovascolari e una più alta mortalità da queste patologie della popolazione generale. Si ignorano i meccanismi responsabili di questa differenza, ma basandosi su numerosi rilievi di accresciuto o ridotto flusso ematico cerebrale in diverse regioni encefaliche nei pazienti schizofrenici, si è ipotizzata un’alterata autoregolazione quale responsabile del dato epidemiologico sfavorevole. Ku e colleghi hanno condotto uno studio finalizzato alla verifica di questa ipotesi, ottenendo risultati di sicuro interesse.

(Ku H. L., et al. Cerebral blood flow autoregulation is impaired in schizophrenia: A pilot study. Schizophrenia Research – Epub ahead of print doi:10.1016/j.schres.2017.01.015, 2017).

La provenienza degli autori è prevalentemente la seguente: Department of Psychiatry, Department of Neurology, Brain and Consciousness Research Center, Taipei Medical University Shuang Ho Hospital, New Taipei City (Taiwan).

Recentemente, a proposito dell’attuale concezione dell’ipotesi dopaminergica della schizofrenia, in un articolo di recensione che si consiglia di leggere integralmente, Ludovica R. Poggi così si è espressa: “L’ipotesi patogenetica che spiega la fenomenologia clinica in relazione alle alterazioni dei sistemi dopaminergici cerebrali, pur discostandosi dall’assunto di fondo di una responsabilità causale ed esclusiva delle alterazioni della segnalazione legata alla dopamina postulata dalla vecchia teoria dopaminergica della schizofrenia, pone in relazione le manifestazioni patologiche con l’eccesso funzionale legato alla catecolamina nello striato e con il suo difetto nella corteccia cerebrale[1]. Poi, più avanti, in riferimento alla visione dominante negli ultimi decenni:

“La tesi secondo cui un disturbo mentale così pervasivo come la schizofrenia potesse essere attribuito all’alterazione del solo sistema neurotrasmissivo della dopamina non aveva i crismi della teorica scientifica, e tale debolezza era evidente già quarant’anni fa, quando fu formulata, a chiunque avesse una conoscenza non superficiale della neurobiologia. Come è stato tante volte sottolineato dal nostro presidente, la pluralità, la diversificazione e l’apparente ridondanza in un apparato come il sistema nervoso centrale umano, che conta 5 diverse vie per la trasmissione del dolore, 32 aree corticali per l’elaborazione delle immagini visive e almeno 52 distinti neurotrasmettitori, sono espressione di un principio organizzativo che costituisce tanto la chiave per la comprensione in termini evoluzionistici della fisiologia del cervello, quanto la ragione dell’affermarsi della nostra specie nel corso della filogenesi. La cosiddetta ipotesi dopaminergica della patogenesi della schizofrenia e delle psicosi assimilabili o correlate, era di fatto una costruzione ad hoc derivata dall’efficacia empirica degli antagonisti recettoriali della dopamina e, nei decenni successivi, era stata giustificata sulla base di tre osservazioni: 1) tutti i farmaci antipsicotici allora in uso[2] avevano un meccanismo d’azione comune costituito dalla competizione recettoriale con la dopamina ed altri agonisti selettivi; 2) la somministrazione di elevate dosi di levodopa, attraverso l’iperattivazione dei circuiti dopaminergici, può provocare lo sviluppo di sindromi caratterizzate da deliri ed allucinazioni; 3) la somministrazione di farmaci stimolanti la liberazione di dopamina dai terminali delle sinapsi centrali può causare una manifestazione psicopatologica simile alla schizofrenia.

L’attuale concezione delle psicosi schizofreniche, quali disturbi mentali altamente ereditabili con una genetica complessa e caratterizzata da molti geni con effetti singoli limitati ma interagenti a formare il fenotipo, rende assolutamente improbabile che l’alterazione di un singolo sistema di segnalazione possa essere all’origine di una compromissione fisiopatologica tanto estesa e composita quanto quella documentata dalla ricerca più recente. D’altra parte, evidenze emergenti da studi post mortem, riportate ai dati costantemente afferenti dalla ricerca genetica, mostrano la compromissione di vari sistemi neuronici.

Lo studio di campioni autoptici di tessuto nervoso proveniente dal cervello di pazienti è divenuto molto più efficace con l’introduzione dei nuovi metodi di analisi del DNA (microarray analyses), capaci di misurare migliaia di trascritti. Anche la specificità cellulare è altamente cresciuta grazie alla tecnica dell’analisi della singola cellula mediante cattura laser e all’ibridizzazione in situ. L’estesa gamma di anticorpi contro specifiche proteine fa bene sperare per le strategie proteomiche di misura dei polipeptidi e delle loro modificazioni post-traduzione, quali la glicosilazione e la fosforilazione. Infine, i metodi informatici possono identificare inter-relazioni fra proteine e famiglie di proteine implicate in comuni ruoli strutturali o funzionali. Tali analisi sono facilitate da un freeware come “Expression Analysis Systemic Explorer” (EASE), disponibile attraverso la banca dati dei National Institutes of Health (NIH) nota con l’acronimo DAVID (Database for Annotation, Visualization and Integrated Discovery). Questa strategia di studio aiuta nel trovare collegamenti fra anomalie apparentemente isolate di geni o dell’espressione di proteine implicate in funzioni correlate come la mielinizzazione o il metabolismo ossidativo mitocondriale”[3].

Come si accennava prima, le alterazioni della glia sono un argomento di attualità nella ricerca sulla schizofrenia. Le alterazioni della mielina dell’encefalo, con riduzione della sostanza bianca totale del cervello, riduzione del rivestimento assonico o dell’integrità della guaina, sono state documentate con varie tecniche. Vari studi hanno rilevato la riduzione di proteine associate agli oligodendrociti e alla mielinizzazione, fra queste: MAG, MAL, il recettore della neuregulina ErbB3 e la transferrina. I geni che codificano queste proteine sono siti presso loci del genoma umano associati al rischio ereditabile di schizofrenia. È di notevole rilievo che alcuni studi post mortem sulla corteccia hanno accertato la downregulation di alcuni di questi geni anche in persone affette da psicosi bipolare. Su questa base si è ipotizzato che le alterazioni della mielina possano essere responsabili dei tratti psicotici comuni (deliri, allucinazioni) ai due quadri clinici.

Nella parte anteriore della corteccia del giro del cingolo degli schizofrenici è stata riscontrata una significativa riduzione di astrociti[4]. Le cellule dell’astroglia, si ricorda, giocano un ruolo critico nella regolazione della disponibilità sinaptica dei co-agonisti recettoriali NMDA glicina, D-serina e glutammato.

Tornando ora alle alterazioni del flusso ematico cerebrale che, come è noto, presenta una stretta relazione con l’attività neurale espressione delle funzioni psichiche, lo studio di Ku e colleghi si è prefisso un semplice e diretto confronto per comparazione in vivo fra schizofrenici e sani. A tale fine, è stata indagata la capacità di autoregolazione dell’irrorazione ematica cerebrale di 21 pazienti diagnosticati di disturbo schizofrenico secondo i criteri correnti, e posta a confronto con quella di 23 soggetti corrispondenti per età e sesso, ma diagnosticamente privi di disturbi psichici e perciò fungenti da gruppo di controllo.

Nessuno dei partecipanti aveva fatto registrare precedenti anamnestici riferibili a malattie cardiovascolari, ipertensione o diabete. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a registrazione per 10 minuti della pressione sanguigna e del flusso ematico attraverso pletismografia digitale e ultrasonografia Doppler, rispettivamente.

L’autoregolazione cerebrale è stata valutata analizzando due indici di autoregolazione: 1) la pressione sanguigna media e il coefficiente di correlazione del flusso ematico cerebrale (Mx); 2) il cambiamento di fase (phase shift, PS) tra la morfologia delle onde della pressione del sangue e il flusso ematico cerebrale, determinato usando TFA (transfer function analysis).

Confrontati con i controlli, i soggetti affetti da schizofrenia presentavano un Mx significativamente più alto (0257 vs. 0.399, p = 0.036) e un più basso PS (44.3° vs. 38,7° nella banda di frequenza 0.07-0.20 Hz, p = 0.019), cosa che indicava la compromissione del mantenimento della costanza del flusso ematico cerebrale e una risposta di autoregolazione decisamente ritardata. Secondo gli autori dello studio l’alterata autoregolazione non sembra essere un artefatto di condizioni mediche coesistenti e, pertanto, sembra si possa attribuire al fenotipo schizofrenico.

Naturalmente, la definizione del probabile meccanismo dell’alterata regolazione del flusso ematico cerebrale e il suo possibile ruolo nello sviluppo di malattie cerebrovascolari richiederà approfonditi studi con differenti approcci metodologici.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-28 gennaio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 10-12-17 Nuovo farmaco per la schizofrenia con una proprietà unica.

[2] Fenotiazinici [distinti in alifatici, come la clorpromazina (Largactil), il primo antipsicotico introdotto da H. Laborit e coll., piperidinici e piperazinici], Tioxantenici, Butirrofenonici [aloperidolo (Serenase)], Difenilbutilpiperidinici [pimozide (Orap)], Dibenzossazepine (loxapina), Dibenzodiazepine (clozapina), Diidroindolici, Benzamidi, Tiazine, Acridanici.

[3] Note e Notizie 10-12-17 Nuovo farmaco per la schizofrenia con una proprietà unica.

[4] Bernstein H. G., et al., Expert Review of Neurotherapeutics 9, 1059-1071, 2009.